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    Pierino e il lupo

    Tre attori pasticcioni mettono in scena, o per meglio dire cercano di farlo, la ben nota favola musicale “Pierino e il lupo” di Sergej Prokofev. Già dal come complicato iniziano i primi problemi, perché i tre non hanno proprio studiato! Sono quindi costretti a improvvisare cercando la complicità del pubblico, per orientarsi fra gatti, papere, lupi, corni e clarinetti. Per fortuna su di loro regna la figura del Grande Narratore che, con la sua voce, li guida sicuro lungo il percorso della fiaba.

    Ma i tre attori, un po’ clown un po’ comici dell’arte, sono talmente distratti e confusionari che non seguono bene il racconto. Provano a fare previsioni azzardate sui destini dei protagonisti della fiaba e spesso dovranno chiedere aiuto ai bambini per capire meglio la storia e permettere al Grande Narratore di proseguire. Come bimbi curiosi, i tre attori, proveranno a reinventare i personaggi: “Come cambierà il carattere del lupo se invece di affidarlo ai corni lo facciamo suonare agli archi?”. E giocando insieme con il pubblico in un’orchestra immaginaria, scopriranno che in “Pierino e il lupo” la cosa importante è che la storia inventata faccia i conti con la musica e con i suoi vari momenti espressivi.
    Prokofev ha scritto la sua fiaba musicale con un preciso scopo educativo: far conoscere ai bambini gli strumenti dell’orchestra, il loro suono e il loro carattere espressivo. Per questo ha associato ad ogni strumento un personaggio e un particolare motivo musicale.

    La loro confusione diviene pretesto per puntualizzare e sottolineare passaggi didattici importanti. Il meccanismo di complicità con il pubblico fa in modo che siano i bambini stessi a spiegare, interpretando il ruolo di insegnanti per questi tre alunni poco studiosi.
    Ogni piccolo spettatore può quindi, nei momenti di interazione, dare aiuto, chiarificazioni e suggerimenti, divenendo così protagonista di un percorso di apprendimento.

    Dario Fo e Lele Luzzati

    Degna di nota è la presenza della voce del narratore per eccellenza: Dario Fo, che guiderà i tre attori e il pubblico a portare a termine lo spettacolo! Il premio Nobel Dario Fo ha infatti voluto prestare la propria voce per aggiungere alle suggestioni della musica di Prokofiev eseguite dall’Orchestra Verdi di Milano, nuovi e divertenti elementi drammaturgici di sua invenzione: sullo sfondo straordinario delle scene di Lele Luzzati, prenderanno vita le buffe (dis)avventure di tre attori che non avendo studiato a fondo il copione dovranno improvvisare per cavarsela tra suoni e situazioni fantastiche.

    Anne Frank

    Per il suo tredicesimo compleanno Anne riceve in regalo un quaderno, che diventa il suo diario segreto, diretto a Kitty, l’amica immaginaria cui  confidare i suoi pensieri. Il diario per Anne rappresenta l’unica possibilità di esprimersi, di raccontare le proprie esperienze e i propri pensieri.

    Ma il diario di Anne descrive soprattutto la vita nei due anni in cui lei, la sua famiglia e altre quattro persone, tutti ebrei, hanno vissuto nascondendosi dalla persecuzione nazista, prima di essere traditi e deportati. Anne ci racconta il suo modo di resistere agli orrori della Storia, il suo tentativo tenace di rimanere felice nonostante tutto. Anne rimane chiusa nel nascondiglio segreto proprio quando il suo corpo sta cambiando, mentre i suoi sentimenti mutano e si complicano. È un’adolescente: a volte è ancora bambina, altre invece sembra già grande.

    Chiusa nel sottotetto della fabbrica che un tempo era del padre, Anne scopre l’amore, prende in giro chi le sta antipatico, si fa domande più grandi di lei e, quando è molto triste, si abbandona al sogno di luoghi senza guerre.

    Anne dall’abbaino posto sul tetto osserva tutto, scorge tutti i mali del mondo, vede i poveri chiedere la carità e i nazisti caricare sui camion gli ebrei. Anne dalla finestra lassù in alto pare spiare anche noi, sembra chiedersi se non siamo tutti un po’ uguali. Non sono passati neanche cento anni, in fondo, da quando lei si è dovuta nascondere in quel rifugio ad Amsterdam.

     

    Molte guerre ancora ci circondano e l’odio sta tornando a serpeggiare in Europa. Da quel rifugio Anne tende la mano al pubblico e sembra dirci di non avere paura, di credere ancora nell’umanità come ci credeva lei, perché senza i sogni e la speranza nulla potrà mai cambiare.

    Nel racconto scenico scopriremo la vera storia di Anne, quello che viveva e provava durante la clandestinità e negli ultimi giorni della sua vita.

    Attraverso lo studio di documenti originali e studi svolti in tutti questi anni la figura di Anne si svelerà agli occhi dei ragazzi: una ragazza coraggiosa e capace di tradurre in parole molto più mature di lei gli avvenimenti che stavano travolgendo il suo mondo.

    Pippi Calzelunghe

    Pippi Calzelunghe

    Astrid Lindgren ha regalato alla figlia Karin, per il nono compleanno, il libro di storie della strana bambina dalle trecce all’insù che viveva tutta sola in una grande casa. Ed è così che è nata Pippi Calzelunghe.

    Lo spettacolo narra le vicenda di Pippi, una bambina fuori dagli schemi, e dei suoi amici attraverso i loro occhi sbarazzini e spensierati. La storia di Pippi si snoderà dal suo arrivo nella vecchia casa, Villa Villacolle, con una scimmietta dallo strano nome il Signor Nilsson e con un cavallo sistemato nella veranda, alle sue avventure con Annika e Tommy, i suoi vicini di casa e compagni di giochi, in una scenografia coloratissima. I tratti di questo personaggio sono stati di ispirazione per molti bestseller svedesi, tra questi il personaggio di Lisbeth Salander della saga Millenium di Stieg Larsson.

    Curiosità dell’allestimento

    Durante l’allestimento Olof Nyman, il marito di Karin, figlia di Astrid Lindgren e rappresentante degli eredi, ha revisionato la drammaturgia del testo confermandone l’autenticità. La stessa Karin ha partecipato alle prove generali approvandone autenticità e confermando la distribuzione in Italia.
    Regia e adattamento sono di Marinella Rolfart e Pino Costalunga.
    Scene, costumi e pupazzi di Tjåsa Gusfor, una delle più importanti scenografe svedesi, che ha ricreato il suo micro mondo: una sorta di  miniaturizzazione fantastica dove i pupazzi (guidati dagli attori a vista, non nascosti come nel teatro delle marionette) sono i veri protagonisti della scena.

    La Banda dei Vecchi Bacucchi

    Tratto da La Banda dei Vecchi Bacucchi di Florence Thinard. Illustrazioni di Gaël Henry

    In una città non precisamente identificata, la Banda dei vecchi Bacucchi porterà scompiglio attraverso azioni di guerriglia improbabili, il cui obiettivo è quello di affermare un principio di giustizia sociale e dare filo da torcere al marketing, che tanto danneggia le menti e la vita di tutti. Ben presto però l’obiettivo della Banda diventerà un altro. Ma chi sono questi temibili banditi?

    Gisèle, eccentrica signora, che ama girare per la città con dei look discutibili ed il suo inseparabile trolley, è difensora indefessa del pubblico decoro; Victor, che si aggira furtivo per il quartiere, con uno strano berretto di cuoio rosso, sempre impegnato, in una lotta contro il marketing che esercita aggiungendo parole ai manifesti pubblicitari, ribaltandone il messaggio; Nonno Ferraglia, un omone, esule anarchico socievole e bonario, che passa il tempo raccogliendo ferro, per arrotondare la pensione; Rose, vecchina dolce e delicata, ma niente affatto debole, sempre accompagnata dal suo piccolo e famelico cagnolino Youk, che un giorno, in giro per compere, verrà scippata da un ragazzo, che le provocherà una frattura al braccio; evento detonatore della scintilla che legherà i quattro diversissimi personaggi. L’obiettivo principale della Banda diventa quindi riacciuffare il responsabile dello scippo, per punirlo in modo esemplare, ma soprattutto portarlo sulla via della redenzione.

    Da qui in poi, questi vecchi bacucchi non si separeranno più. La storia prende un ritmo veloce e a tratti esilarante, tra operazioni punitive, tipo quella contro l’avido macellaio signor Bourguignon, e deliziosi pranzetti che Gisèle prepara per la sua banda.

    La guerra di Victor contro il marketing è ora sostenuta da tutta la Banda, che lo accompagna nelle sue azioni di graffitaro, ormai esperto, grazie ad un incontro notturno con dei ragazzi dai quali impara tutti i segreti di tag e graff fino alla creazione di un logo per la banda. E il ragazzo dello scippo? Acciuffato, guadagnerà la centralità della storia.

    Debutto

    Informazioni e distribuzione

    Per informazioni sullo spettacolo vi invitiamo a contattare l’ufficio spettacoli: promozione@fondazioneaida.it – +39 347 640 4837 – 0458001471 (interno 3)

    I tre porcellini

    Lo spettacolo

    A prima vista potrebbe sembrare la classica storia dei tre porcellini, ognuno con la propria casa, con l’albero di mele, il camino dal quale si cala il lupo cattivo che li perseguita. Se non fosse che, all’inizio della storia, il lupo si presenta alle selezioni di un noto programma televisivo musicale, canta il suo pezzo forte, ma… non viene accettato! Se non fosse che il lupo, sbagliando strada, arriva ad una casa di mattoni dove crede di trovare un porcellino, ma dalla quale invece esce… una vecchina, la quale altri non è se non la nonna di Cappuccetto Rosso (che questo lupo non ha nessuna intenzione di mangiare!). Se non fosse anche che i tre porcellini, una volta messo in fuga il lupo, decidono di intraprendere la carriera artistica e fondare un gruppo, la “Pig Band”.

    Tre attori quasi invisibili animano cinque pupazzi. Cantano, ballano, saltano, corrono (chi più, chi meno…) su una verde collina che si trasforma via via in una casa di paglia, di legno e di  mattoni, in una strada di campagna e in un albero di mele. Una nonna nella storia sbagliata (o sarà lei in quella giusta e tutti gli altri fuori posto?), tre allegri porcellini e un lupo, che ha un’unica passione, quella della musica, e un’unica paura, quella dei bambini!

    Musiche

    Ascolta le musiche de I tre Porcellini su Spotify, AppleMusic e su altre piattaforme di streaming musicale!

    Cipì

    Cipì è un esuberante passerotto con tanta voglia di esplorare il mondo. Fin dalla nascita il nido gli sta stretto e i consigli della mamma non bastano a frenare la sua curiosità: il desiderio di conoscere il mondo è sempre più forte di qualsiasi prudenza. Eppure questa sua ribellione lo porta a misurarsi con grandi esperienze ed imprese: scopre le bellezze della natura, il valore dell’amicizia, impara a difendersi dai pericoli e lottare sempre per la verità. Alla fine, diventa padre e insegna ai suoi figli “ad essere laboriosi per mantenersi onesti, ad essere buoni per poter essere amati, ad aprire bene gli occhi per distinguere il vero dal falso, ad essere coraggiosi e difendere la libertà”.

    Mario Lodi

    E’ stato un maestro rivoluzionario e il suo impegno pedagogico per una scuola nuova, basata sul rispetto del bambino, sull’ascolto e sulla libertà di apprendimento, ha ispirato molti giovani insegnanti dando un’importante spinta di cambiamento al mondo dell’istruzione. Nello spettacolo sono sviluppati temi legati alla formazione del bambino: la curiosità e il desiderio di essere sé stessi, che richiede a volte un po’ di trasgressione; lo sviluppo dell’identità attraverso l’esperienza e il ruolo fondamentale dei genitori nell’accompagnare questo percorso; la relazione con l’altro, in termini di gioco, amicizia e amore.

     

    I miracoli esistono. La storia di Giorgio Perlasca

    La vicenda di Brigitte, ebrea di Ungheria ormai da molti anni in Italia, riuscita a sfuggire allo sterminio programmato dai nazisti negli anni della seconda guerra mondiale, grazie al coraggio e al forte senso di umanità di un valoroso commerciante italiano, Giorgio Perlasca, che si era finto ambasciatore spagnolo a Budapest, rischiando continuamente la vita, per portare in salvo cinquemila ebrei d’Ungheria, si incrocia con quella della difficile adolescenza di Alice, vittima di soprusi da parte di alcune compagne di scuola, che la perseguitano e la ricattano.
    E’ grazie alla vicenda di Brigitte che Alice capisce da che parte stare: dalla parte di chi ha più bisogno, dalla parte dell’umanità e dell’amore e del rispetto dell’altro in quanto essere umano. Alice impara che non bisogna essere indifferenti difronte al dolore, ma che occorre avere il coraggio di scegliere, anche se la scelta costa spesso fatica e comporta rischio e sofferenza.

     

    Ispirandosi al libro di Sara RattaroI MIRACOLI ESISTONO – Storia di Giorgio Perlasca”, lo spettacolo mette a confronto due storie: quella di Brigitte, ebrea ungherese sfuggita allo sterminio nazista grazie a Giorgio Perlasca, e Alice, una ragazzina alla quale Brigitte aveva fatto da baby- sitter quando era bambina e che per lei è sempre stata un punto di riferimento.

    Attraverso le loro vicende si racconterà una storia di civile eroismo, quella di Perlasca, che è una delle tante belle storie di quel momento storico atroce che fu la Shoah, che riprende vita e si confronta con il presente di Alice per dire che l’indifferenza e l’odio si celano sempre in qualche angolo nascosto della storia e possono saltar fuori in ogni momento, ma che anche la bontà e il senso di fratellanza sono, per nostra fortuna, piantati saldamente da qualche parte e spesso rinascono, crescono e fioriscono dove e quando meno te lo aspetti.

     

    Alice e i diritti delle meraviglie

    E’ passato molto tempo, ed ora Alice, finalmente, è tornata, ma è triste e piange.
    Partita senza bagaglio, è tornata con una pesante valigia: dentro ci sono oggetti e ricordi legati agli episodi del suo peregrinare.

    Pungolata dalla Regina di cuori, Alice tira fuori dalla valigia, uno per volta, tutti gli oggetti che ha raccolto durante il viaggio. Ad ogni oggetto è legato un ricordo, ad ogni ricordo un episodio del suo viaggio, ad ogni episodio una storia, ad ogni storia un bambino, ad ogni bambino un diritto negato. Alice ripercorre così i diritti fondamentali dell’infanzia, attraversando più volte, in un senso o nell’altro, il confine che separa il “Paese delle Meraviglie” dalla realtà, raccontando, con la necessaria leggerezza ed evitando gli eccessi lirici e drammatici, storie di infanzia negata.

    Uno spettacolo che trae spunto da “Il Grande libro dei Diritti dei bambini” di Amnesty International, e lo rielabora per farne un racconto avvincente dedicato ai bambini e le loro famiglie. Un racconto che culmina nella celebrazione dei diritti dei bambini, e nella trasmissione di un messaggio importante: la salvaguardia dell’infanzia. Un testo dalla struttura semplice che non nasconde un intento pedagogico: rendere consapevoli i bambini dei diritti dei quali troppo spesso sono privati, a cominciare dai bambini del cosiddetto “primo mondo”.

    La Freccia Azzurra

    Nella notte di Natale, in tutto il mondo, Babbo Natale porta i suoi doni ai bambini che sono stati buoni. Quelli italiani sono i più fortunati, perché la notte tra il 5 e il 6 gennaio ricevono degli altri regali: volando a cavallo di una scopa glieli porta la Befana, una vecchina burbera ma buona. Ma un 5 gennaio di tanti anni fa i bambini italiani rischiarono di non avere nessun dono…

     

    La vigilia dell’Epifania è una notte magica per tutti i bambini, che aspettano l’arrivo dei doni da parte della Befana. Ma il povero Francesco rischia di rimanere senza il giocattolo da lui tanto agognato, un trenino chiamato “La freccia azzurra”, perché i suoi genitori non hanno i soldi per la Befana. I giocattoli si ribellano alla vecchietta e in questa notte magica decidono di andare direttamente da Francesco.

     

    Lo spettacolo racconta questa moderna storia di Natale di uno dei maggiori scrittori per ragazzi, e portata sul grande schermo con successo da Enzo D’Alò alcuni anni fa. Ispirato al testo di Gianni Rodari.

     

     

    Anne Frank

    Lo spettacolo

    Per il suo tredicesimo compleanno Anne riceve in regalo un quaderno, che diventa il suo diario segreto, diretto a Kitty, l’amica immaginaria cui  confidare i suoi pensieri. Il diario per Anne rappresenta l’unica possibilità di esprimersi, di raccontare le proprie esperienze e i propri pensieri.

     

    Ma il diario di Anne descrive soprattutto la vita nei due anni in cui lei, la sua famiglia e altre quattro persone, tutti ebrei, hanno vissuto nascondendosi dalla persecuzione nazista, prima di essere traditi e deportati. Anne ci racconta il suo modo di resistere agli orrori della Storia, il suo tentativo tenace di rimanere felice nonostante tutto. Anne rimane chiusa nel nascondiglio segreto proprio quando il suo corpo sta cambiando, mentre i suoi sentimenti mutano e si complicano. È un’adolescente: a volte è ancora bambina, altre invece sembra già grande.

     

    Chiusa nel sottotetto della fabbrica che un tempo era del padre, Anne scopre l’amore, prende in giro chi le sta antipatico, si fa domande più grandi di lei e, quando è molto triste, si abbandona al sogno di luoghi senza guerre.

    Anne dall’abbaino posto sul tetto osserva tutto, scorge tutti i mali del mondo, vede i poveri chiedere la carità e i nazisti caricare sui camion gli ebrei. Anne dalla finestra lassù in alto pare spiare anche noi, sembra chiedersi se non siamo tutti un po’ uguali. Non sono passati neanche cento anni, in fondo, da quando lei si è dovuta nascondere in quel rifugio ad Amsterdam.

     

    Molte guerre ancora ci circondano e l’odio sta tornando a serpeggiare in Europa. Da quel rifugio Anne tende la mano al pubblico e sembra dirci di non avere paura, di credere ancora nell’umanità come ci credeva lei, perché senza i sogni e la speranza nulla potrà mai cambiare.

    Nel racconto scenico scopriremo la vera storia di Anne, quello che viveva e provava durante la clandestinità e negli ultimi giorni della sua vita.

    Attraverso lo studio di documenti originali e studi svolti in tutti questi anni la figura di Anne si svelerà agli occhi dei ragazzi: una ragazza coraggiosa e capace di tradurre in parole molto più mature di lei gli avvenimenti che stavano travolgendo il suo mondo.